Dal 19 al 26 novembre, dopo due anni di sosta, Grand Tour en Italie riprende il viaggio con qualche cambiamento, ma con lo stesso intento: raccontare l’Italia attraverso lo sguardo di artiste e artisti.
La meta di questo viaggio è Napoli: una città in cui la sua anima velata e celata si antepone a quella rivelata. Esistono tesori noti e altri nascosti, dei depositi delle collezioni, come quelli del Museo Archeologico di Napoli, o di Capodimonte, che non sono sempre tutti visibili al pubblico; ai luoghi più conosciuti, visitati e rumorosi si contrappongono quelli solitari e silenziosi. La residenza verrà ospitata da SuperOtium: uno spazio ibrido che vuole stimolare una nuova narrazione di Napoli attraverso l’incontro fra artisti, creativi, viaggiatori e la stessa città con i suoi abitanti.
Il viaggio porterà le artiste a realizzare nuove opere, sotto forma di un progetto in progess con disegni, immagini, sculture e quaderni d’artista.
Simona Da Pozzo, artista visiva e ricercatrice interdisciplinare legata al video e alla performance, svolge la sua pratica principalmente in dialogo con lo spazio pubblico, i suoi fruitori e i luoghi di tracciatura delle sue trasformazioni, come la rete, i musei, le biblioteche, gli archivi. Caratteristica principale della sua ricerca è quella di radicarsi saldamente a luoghi e persone(umane e non) per evolversi in direzioni non sempre prevedibili.
Durante la residenza lavorerà, attraverso l’intreccio di disegno e radioestesia, sulla visibilità delle radici degli alberi intrappolate sotto all’asfalto e alle pietre della città. Da Pozzo, inoltre, svolgerà uno degli incontri con/sul Corpo di Napoli del progetto “Atlas dei Corpi” per la creazione di un nuovo capitolo della ricerca, in collaborazione con Lorenzo Xiques.
This workshop interrogates the possibility of training monuments to be relational objects and allies for alternative futures. The relationship the present has with monuments will be the starting point. Using online maps and images, we’ll work with concepts of monument-hack, monument-specific, and resonance to explore possible performative uses of the monuments proposed by the participants.
A limited edition as research trace of the exhibition, at last in my hands!
“When you peel Marble” 16 copies, A5, 114 spiral-bound pages, color printing on recycled paper, October 2022 /// Texts: Pietro Gaglianò, Alessandra Arnò, Nicola Ciancio, Marco Izzolino, Simona Da Pozzo.
SLARG researchers and friends will share traces, leftovers and experiments of their artistic research with you.
With contributions by Simona Da Pozzo, Annelys de Vet, Helen Dowling, Irma Földényi & Saskia Van der Gucht, Loraine Furter, Wesley Meuris, Danial Shah, Marnie Slater, Robin Vanbesien, Pierre-Antoine Vettorello, Viet-Vu Pham, and Digital Master students attending Frederik De Bleser & Lieven Menschaert’s workshop.
Video Art Projects is a new emerging international festival focusing on the artistic video creation, which is organized for the first time by the Municipality of Thessaloniki and the Municipal Art Gallery Casa Bianca, in collaboration with the New Media Laboratory of the School of Visual & Applied Arts – Faculty of Fine Arts, Aristotle University of Thessaloniki, with the support of the international festival Video Art Miden.
Video Art Projects will take place at the Municipal Art Gallery Casa Bianca (182, Vas. Olgas Av. & Them. Sofouli str., Thessaloniki), on Wednesday 18, Thursday 19 and Friday 20 of May 2022 (12:00 -20:00), on the occasion of the International Museum Day. 5 projector screens in the gallery rooms will display different video art programs each day.
In the first edition of Video Art Projects, which aspires to be established as an annual event in the future, a rich program of video art screenings from all around the world will be displayed, with more than 140 participant artists and art students from 21 countries. The program includes curatorial selections from invited foreign festivals, specifically from Italy, Germany, Portugal and Brazil. The screenings also include tributes to Greek video art, as well as student works from the School of Visual & Applied Arts – Aristotle University of Thessaloniki, curated by the teaching team of the New Media Laboratory.
The invited platforms and organizations from abroad include selections from: The New Museum of Networked Art, curated by Wilfried Agricola de Cologne (Germany), Visualcontainer, curated by Alessandra Arno (Italy), FONLAD – International Video Art and Performance Festival, curated by Jose Vieira (Portugal) and Strangloscope, curated by Claudia Cardenas & Rafael Schlichting (Brazil). Also, Video Art Miden (based in Kalamata, Greece) will participate with selections curated by 5 basic members of its curatorial team (Gioula Papadopoulou, Margarita Stavraki, Olga Papadopoulou, Nikos Podias, Maria Bourika).
Video Art Projects organizational team & partners:
Municipality of Thessaloniki – Municipal Art Gallery
Organizational directors: -Lela Tsevekidou, head of the Directorate of Culture & Tourism, Municipality of Thessaloniki -Margarita Salpiggidou, head of the Municipal Art Gallery Department, Thessaloniki
Museological direction: -Thaleia-Maria Alexaki, Museologist, Municipal Art Gallery of Thessaloniki – Casa Bianca
Municipal Art Gallery of Thessaloniki – Casa Bianca organizational team: Eleni Anastasiadou, Chara Theocharous, Katerina Geovanekou, Costas Bachariadis, Giorgos Athanasiadis
New Media Laboratory of the School of Visual & Applied Arts – Faculty of Fine Arts, Aristotle University of Thessaloniki
Director of Video Art Projects: -Georgios Katsangelos, head of the New Media Laboratory (School of Visual and Applied Arts, AUTH)
Art direction: Gioula Papadopoulou, art director of Video Art Miden and teaching staff member of the New Media Laboratory.
Curatorial team-New Media Laboratory: Georgios Katsangelos, Athanasios Pallas, Stelios Dexis, Babis Venetopoulos, Gioula Papadopoulou, Yiorgos Drosos, Fani Boudouroglou
Partner festivals & curators Video Art Miden [Greece]: Gioula Papadopoulou, Margarita Stavraki, Olga Papadopoulou, Nikos Podias, Maria Bourika The New Museum of Networked Art [Germany]: Wilfried Agricola de Cologne Visualcontainer [Italy]: Alessandra Arno FONLAD [Portugal]: Jose Vieira Strangloscope [Brazil]: Claudia Cardenas & Rafael Schlichting
28 aprile ore 11-14 Palazzo Esposizioni – Auditorium
PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE: NUOVE MODALITÀ tavolo di lavoro coordinano Alessandra Arnò e Paolo Simoni – Visualcontainer nell’ambito della mostra Il VIDEO RENDE FELICI
l tavolo di lavoro mira ad approfondire le dinamiche e le pratiche di produzione e distribuzione dagli anni Ottanta fino ad oggi, attraverso il contributo di esponenti del settore che a vario titolo hanno sviluppato modalità e pratiche fondamentali per la diffusione delle opere audiovisive in Italia e all’estero, nella rete e fino alla conservazione.
Il dibattito affronta in maniera trasversale le esperienze relative alla circolazione di audiovisivi sperimentali in mostre e festival, la produzione e distribuzione di videoarte e le relative aspettative e ricadute sul pubblico, oltre le strategie di produzione e diffusione contemporanee, sia sul territorio, sia in rete e le diverse modalità di coinvolgimento del pubblico in situ e online.
Partecipano: Bruno Di Marino | Giacomo Mazzone | Simona Da Pozzo | Francesca Cadin, Teche Rai | Archivio Nazionale Cinema Impresa | Alterazioni video | Quayola | Studio Azzurro
Al Museo di Arte Contemporanea di Lissone, dal 19 marzo al 3 aprile 2022
Panoramica*21, un progetto di Visualcontainer a cura di Alessandra Arnò e Francesca Guerisoli.
il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone presenta PANORAMICA*21 Cambiamenti di Stato, il nuovo progetto annuale di Visualcontainer dedicato alla produzione audiovisiva sperimentale italiana che vede in mostra tra il primo e il secondo piano del museo i video degli artisti Apotropia, Sonia Laura Armaniaco, Gianni Barelli, Matteo Campulla, Silvia De Gennaro, Simona Da Pozzo, Gianmarco Donaggio, Benedetta Fioravanti, Lorenzo Papanti, Duccio Ricciardelli.
Lo sguardo sulla produzione videografica del 2021 offre una panoramica variegata sulle sperimentazioni che gli artisti hanno messo in atto idealmente per cambiare di stato, oltrepassare una soglia o semplicemente effettuare un passaggio. Questa necessità di andare oltre, di esplorare altri scenari o di trasfigurarsi diventa una pratica attuata attraverso la tecnologia, la coscienza del sé o il mondo computazionale. I territori raccontati in PANORAMICA*21 – Cambiamenti di stato sono zone di passaggio, proiezioni della nostra mente, luoghi della memoria o spazi quotidiani svuotati dalla presenza consapevole che diventano quindi membrane morbide da oltrepassare. PANORAMICA*21 – Cambiamenti di stato evidenzia i pensieri ricorrenti, le pratiche e le riflessioni su un momento storico così particolare che accomuna per la prima volta sia gli autori sia gli spettatori.
Qui di seguito un testo germogliato dalle riflessioni nate prima, durante e dopo l’incontro curato da Vera Pravda e Rebecca Agnes in vista del loro progetto “Giardino d’Inverno”: un manuale di possibili pratiche condivisibili. Un progetto in collaborazione con Viafarini.
“Sharing a a brassica oleracea”, video part of IT ME research. Starting from the act of cultivating a shared garden in the San Martino’s vineyards (Naples), I stress my relationship with other species.
Il cibo è una questione radicale.
Radicale nel senso che va alla radice, all’essenziale del nostro agire, dei nostri bisogni, priorità e rapporto con il mondo. Che cosa mangiamo, come lo procacciamo, prepariamo, condividiamo e ingeriamo definiscono il nostro habitus, il nostro modo di stare nel corpo, di stare in un “noi”, dell’interagire/fare con/nel mondo.
Le tradizioni festive non sono ingenue. Sono un momento di raccoglimento e uno spazio per la condivisione e la normalizzazione di privilegi, gerarchie e forme di oppressione. Sono una pratica performativa di interiorizzazione del sistema e ago della bussola del quotidiano: determinano il quadro narrativo dentro cui ci muoviamo, come singoli o come collettività. Perciò mi interessa interrogare le tradizioni vestite di convivialità.
La mia riflessione parte dall’assunzione che non si possono modificare le tradizioni: queste sono prassi rinforzate affettivamente dalla nostalgia e dai lutti, dalla mancanza di chi non partecipa più all’incontro festivo. Molte delle tradizioni hanno a che fare con il sacrificio e con la individuazione di che cosa è sacrificabile. Il sacrificio sigilla una forma di compromesso, non nel senso di “patto” con un dio ma come alleanza umana su che cosa è sacrificabile, un concordare quale compromesso tra realtà ed ideale sia auspicabile o fattibile. Cambiare alcune parole nel discorso che la tradizione pone come statement non cambia il discorso: sacrifica nuove parole al discorso dominante.
E che cos’è sacrificabile secondo la narrazione dominante? L’uomo, inteso come elemento specifico e non esaustivo di umanità, ha coniato il concetto di animalità come metro di misura del sacrificabile, ponendo sé stesso, l’uomo (umano-bianco-maschio-etero-abile) all’estremo opposto, come ha efficacemente analizzato Aph Ko [1]. Man mano che “l’altro” si allontana dagli aggettivi che definiscono l’uomo, il concetto di animalità si impossessa della lettura del suo corpo rendendolo disponibile al bisogno e desiderio del soggetto che si definisce come dominatore.
Nel mio caso specifico ad esempio, non posso più sedermi ad una tavola in cui si celebra il sacrificio dell’agnello. Non importa che io non lo mangi, non riguarda solo me e le mie scelte personali: riguarda la narrazione che si sta rinsaldando con l’atto cameratesco di consumare collettivamente un corpo. Pongo qui, per quel che mi riguarda, una differenza tra il quotidiano e il momento di celebrazione: non è mia intenzione disertare le tavole dove persone consumano non-umani, non intendo chiudermi in un mondo immaginario o dare alle mie scelte uno status di superiorità. Riconosco invece il potere rituale e narrativo della celebrazione del sacrificio.
Proprio perché lo riconosco, sento il bisogno di alimentare la comunità, quella eterogenea entro cui si muove il mio affetto, attraverso un momento di incontro e intimità festiva nato sotto un diverso segno.
Il momento festivo è un momento di rallentamento: il tempo si dilata e fa spazio a nuove possibilità, approcci e ricerche. Possiamo anche farci portatori di nuove premesse d’incontro? Come uscire dal concetto di famiglia tradizionale senza perdere coloro da cui proveniamo? Come creare nuove parentele [2] ? Come andare oltre ai ruoli prestabiliti, alle nicchie del sentire per creare spazi di sperimentazione nello stare insieme ? Come andare oltre il consumo e praticare empatia?
Il nostro cervello sinistro ci chiama alla narrazione, le nostre illusioni di “io” e di “noi” si fondano sul flusso narrativo, e questo è uno dei motivi per cui propongo la fondazione di una nuova celebrazione, nella sua accezione più laica, conviviale e festiva, che fondi nuove narrazioni sulla base di nuove premesse all’incontro. Incontro dove Il tentativo di agire al di fuori della matrice oppressiva sia caratterizzato da una dimensione di cura, di prossimità e di godimento conviviale. Propongo uno spazio di convivialità che lasci appesi fuori dalla porta d’ingresso i discorsi e il lato sinistro del cervello. Lasciare fuori dalla porta il mondo in parole, così troppo antropocentrico, per immergersi nel corpo e nelle modalità del cervello destro [3], nella pura pratica e nel puro godimento del trovarsi fisicamente nel presente con le preziose materializzazione dei nostri tentativi.
Una celebrazione necessita preparativi, preparativi che riproducono in piccola scala i meccanismi della nostra società. Come fare in modo che i preparativi diventino spazio-tempo di pratica per stare al mondo diversamente? Come predisporre dei preparativi che diventino nuova mediazione tra il presente e l’orizzonte utopico, pratica di rifondazione del quotidiano, scopo e mezzo dell’incontro? Come cimentarsi in preparativi che tentino “di fare” senza opprimere persone (animali o non), suoli, atmosfere ed acque, con tutti i limiti e compromessi che ciò comporta? Come mangiare una insalata senza utilizzare pesticidi? Come convivere con le lumache rosse dell’orto? Come vestirsi, fare un sugo, senza essere complice dello sfruttamento di migranti, di pecore o di altri sistemi di produzione forzata?
Al di là dei tentativi quotidiani che ognuno di noi può mettere, o no, in atto, è possibile vivere una giornata di celebrazione al di fuori della matrice estrattiva capitalista in una dimensione di incontro conviviale? Come riuscire a vivere senza che la qualità e l’entità del nostro impatto socio/ecologico non siano “semplicemente” garantiti da un terzo, da coloro a cui ho esternalizzato la produzione cura di ogni mia necessità? Quali sono i limiti, di sforzo e di proiezione utopica, dell’agire fuori dalla matrice oppressiva?
Propongo di fare e condividere lo sforzo e i risultati di un tale ottimistico tentativo come momento di celebrazione. Celebrazione dell’ostinato tentativo di prendersi cura radicale del mondo.
[1] Racism as Zoological Witchcraft di Alph Ko.
[2] faccio riferimento alla domanda posta in Staying With the Trouble: Making Kin in the Chthulucene da Donna J. Haraway ma anche al modo in cui The Care Collettive pone la questione della cura: “(…) un mondo basato sulla cura comporta la creazione e la difesa dei beni comuni (…). Tuttavia, poiché gli attuali sistemi tentano di ridurre la cura ai legami di parentela, la critica che facciamo loro e l’immaginazione di ciò che dovrebbe sostituirli inizia dalla famiglia” – in Manifesto della cura. Per una politica dell’interdipendenza.
[3] Neuroanatomist Dr. Jill Blte Taylor reports the activity of right brain “as compassionate, nurturing and eternally optimistic.”